Dehors: cosa cambia nell’era Covid

Dehors: cosa cambia nell'era Covid

In tempo di Covid i dehors hanno acquistato un ruolo economico e strategico e si sono trasformati in strumenti di rigenerazione urbana.

Rigenerare e riqualificare aree urbane e aiutare la continuità delle attività di somministrazione alla luce delle restrizioni motivate dalla pandemia è la mission che perseguono i provvedimenti della maggior parte delle amministrazioni locali. Provvedimenti che fanno perno su progetti che ripensano lo spazio pubblico, creano nuove aree all’aperto, spazi pedonali, zone verdi e, soprattutto, dehors o terrazze per i bar e la socialità. Dai distanziatori alla segnaletica verticale e orizzontale per gestire gli accessi, passando per nuovi arredi e soluzioni innovative che ottimizzino lo spazio dei dehors e il layout dei locali. Una visione condivisa a livello internazionale.

Bill de Blasio, sindaco di New York, ha reso permanente l’Open Restaurants Program, che consente ai locali per la ristorazione di estendere i posti a sedere su strade, marciapiedi e spazi pubblici in base a un elenco di requisiti che include: percorso chiaro sul marciapiede, distanza massima dal marciapiede, altezza prestabilita per le barriere di chiusura oltre a linee guida per riscaldare le aree all’aperto durante i mesi più freddi. Ecco che i dehors, da meri elementi di arredo urbano stanno acquisendo, in questo straordinario tempo di crisi, un ruolo economico e sociale strategico che, a dire la verità, mai hanno avuto. Se da una parte sono sempre stati determinanti per incentivare la consumazione all’aperto, ora sono un diventati una soluzione efficace per limitare la trasmissione del virus, attraverso il distanziamento delle persone, e un generatore di business tutto l’anno, grazie a una serie di sistemi di protezione che rendono confortevole stare all’aperto anche durante le stagioni fredde. Molte sono infatti le proposte e le soluzioni presentate da progettisti e aziende per rendere questi spazi sempre più accoglienti e funzionali.

Dalla semplice disposizione di posti a sedere con ombrelloni si è passati a due successivi step: quello di progettare sistemi componibili, removibili e flessibili di arredo urbano e quello più avanzato e complesso che include queste strutture (su suolo pubblico o in concessione) all’interno di un ridisegno delle strade di alcuni quartieri, considerati la chiave per lo sviluppo delle grandi città in termini di sostenibilità non solo ambientale.

La pratica, sempre più diffusa, del parklet

In questo contesto, la pratica del parklet (estensione del marciapiede per offrire più spazio e servizi ai pedoni e alla loro sosta con arricchimento di verde) è diventata uno dei capisaldi del cosiddetto urbanismo tattico, pratica consolidata all’estero, che si sta lentamente affermando anche in Italia. Essa prevede interventi sperimentali per un uso diverso degli spazi urbani, mettendo in atto strategie a lungo termine per promuovere la vivibilità di parti di città. Gli interventi minimalisti dei parklet stanno avendo una grande portata nelle trasformazioni dello spazio e della loro vivibilità.

Ad esempio, i progetti (con materiali poveri o prefabbricati, legno, cassette per il verde, panchine e portabiciclette) di Estudio Haa! in varie città del Brasile hanno influenzato una serie di cambiamenti sociali. Sempre nell’ottica di un uso alternativo degli spazi urbani, non mancano esempi di progetti privati sposati da amministrazioni locali. In Texas lo studio dwg ha realizzato ad Austin un progetto pilota di patio modulabile diventato poi parte integrante di un’ordinanza cittadina. In Congress Avenue, una delle vie più importanti della città, il Pocket Patio ha trasformato due parcheggi ad angolo in un’area salotto con posti a sedere alti e bassi delimitati da una fioriera in metallo, che definisce il perimetro tramite vegetazione autoctona e adattabile.

Non meno interessante è Social Soho, la proposta di Transit Studio per la pedonalizzazione temporanea delle strade del famoso quartiere londinese. Un’idea a basso costo condivisa con gli operatori locali che consiste in un percorso di circolazione a senso unico sul marciapiede di fronte agli edifici tale da lasciare le strade pedonali libere di ospitare zone salotto ombreggiate da ombrelloni colorati, con raggruppamenti di tavoli e sedie distanziati.

Materiali di nuova generazione e il ritorno di quelli tradizionali

Massima semplicità e minimo impatto ambientale dovrebbero, dunque, essere le linee guida fondamentali per un progetto integrato al contesto. O studiato quale naturale estensione dell’interior design. In questo scenario, giocano un ruolo strategico anche le nuove soluzioni a livello di materiali, attrezzature e arredi dell’industria dell’outdoor (qualche esempio nelle pagine seguenti).

Pensiamo, ad esempio, alle pergole bioclimatiche, sintesi ideale di design, tecnologia e benessere, che contribuiscono alla riduzione dei processi inquinanti con un vantaggio significativo per l’ambiente. O ai diversi materiali per strutturare gli spazi: dal legno a doghe per le pedane (ma si può utilizzare anche il Wpc, materiale artificiale composito ad alta durata) al metallo per le ringhiere o ai materiali idrorepellenti per le coperture. Per non parlare di resine sintetiche, polietilene, polipropilene e policarbonato utilizzati per sedute e tavolini, ma si registra anche un ritorno del “naturale” con elementi in teak, vimini, rattan e bambù.

Giocano infine sempre più importanza le luci, indispensabili per creare un’ambientazione che inviti alla sosta prolungata, non interferisca con quella pubblica e valorizzi alcuni scorci del locale o del contesto ambientale. Proprio come in un interno.

 

Anche noi dell’Assistenza abbiamo realizzato numerosi dehors dallo scorso anno ad oggi, grazie anche alle concessioni del Comune di Roma che hanno permesso a molte attività l’utilizzo dello spazio esterno. Architetti e tecnici al servizio dei ristoratori per creare un dehor in linea con lo stile del locale e funzionale alla causa Covid.